sabato 21 novembre 2020

ACCADE CHE...

 ACCADE CHE…


Accade che una squadra di cinghialai, entra in una proprietà privata, bivacca all’ingresso, sotto la veranda e viene ripresa dalla videosorveglianza. Il proprietario seppure da remoto, estrae le immagini e denuncia il tutto alle autorità preposte.

Si evidenzia che la proprietà privata è difesa e tutelata (1). Vi rientrano quindi giardini, orti, aie, cortili, pertinenze, fabbricati rurali. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto e di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale.


Accade che i cacciatori cinghialai, attraversino con i loro 4x4, campi interi e parcheggino sopra; accade che si soffermino ai bordi delle strade col fucile in mano in attesa della preda.

Si evidenzia che in presenza di colture in atto non è possibile cacciare, in mezzo la coltura, ne tanto meno quindi attraversarla con l’auto. Sono colture in atto foraggio, viti, ravanelli, girasole, coriandolo e quanto a livello agricolo venga coltivato (2).

Inoltre non è possibile cacciare (in questa definizione rientra ogni atteggiamento o operazioni propedeutiche alla caccia) a distanza inferiore a 50 m dalle strade o altra via di comunicazione ad uso pubblico o privato, comunque carrozzabili. Lo sparo verso le abitazione è previsto ad una distanza di 150 m per i fucili a canna liscia (3) ed ad una gittata e mezzo per le carabine a canna rigata (alcune carabine hanno una gittata di 2000 m quindi dovrebbero stare a 3000 m). Lo sparo al di sotto questi limiti costituisce motivo per applicare anche il codice penale soprattutto in presenza di abitati (4).


Accade che i cinghialai bracchino il cinghiale e lo ritrovino in aree diverse da quelle tabellate . Ecco allora prodigarsi in corse rocambolesche, per attivarsi nei pressi della zona, mettere i cartelli per cercare la preda.

Si evidenzia che le tabelle devono essere messe tra le 8.00 e le 10.00 e comunque un’ora prima della braccata. L’obbiettivo è quello di avvisare gli eventuali non cacciatori con congruo anticipo, ma se le metti al momento, finisce questo scopo primario. Sono previste sanzioni individuali, per il caposquadra, per il responsabile della braccata (5). Comunque l’area di braccata non può superare i 500 ettari.


Accade che una squadra di cinghialai si posizioni al di là ed al di qua di una area sportiva.

Si evidenzia che il divieto di caccia è vietata in aree sportive anche se vicine a boschi o fiumi; inoltre è vietata nei pressi di stabili industriali, aree di lavoro, acquedotti, depuratori.


Accade che la squadra di cinghialai faccia la battuta all’interno della foresta demaniale regionale, che con i fuoristrada si utilizzi le strade di accesso.


Si evidenzia che nelle foreste demaniali la caccia è espressamente vietata e l’ingresso in queste aree è vietato per i mezzi motorizzati senza la prescritta autorizzazione (6).


Accade anche che agenti di diversi corpi di polizia statale facciano parte di queste squadre.

Si evidenza che, seppure possa sembrare un paradosso costituzionale e una incongruenza giuridica, nella normativa vigente qualsiasi corpo di polizia dello stato può controllare tutto, non esistono settori preposti e nella normativa caccia, a questi agenti e' “vietato l'esercizio venatorio nell'ambito del territorio in cui esercitano le funzioni” (7), per cui non potrebbero andare a caccia. A volte la presenza di questi agenti non è di freno alle difformità, ma può essere motivo giustificativo di quanto compiuto.


(1) art 832 c. c.

(2) Piano faunistico venatorio Marche

(3) art. 21 L. 157/1992

(4) art. 703 del codice penale

(5) Disciplinare Regionale prelievo cinghiale in forma collettiva S. V. 2020/2021

(6) L. R. Marche 52/1974

(7) art. 27 c. 5 L. 157/1992



martedì 20 ottobre 2020

TAGLIO ALBERI

 

Taglio di alberi.

E’ di questi giorni il taglio di tre querce secolari nella zona industriale di Sant’Angelo in Vado. L’ordinanza emessa dall’ex sindaco per motivi di sicurezza pubblica è stata autorizzata dall’apposito ufficio della Unione montana di Urbania.



Diverse persone si sono rivolte alle GEV lamentandone il taglio e la distruzione definitiva dell’antico viale delle querce, di Cà Maspino. Intorno ai 300 anni l’età approssimata. Ma come si può fare? Ad una attenta valutazione delle piante apparivano certamente seccaginose e indebolite, a causa dell’asfalto che circondava il tronco impedendo così l’ossigenazione radicale e l’apporto idrico.

Una potatura di rinvigorimento che eliminasse il secco e la liberazione del colletto della pianta dall’asfalto, avrebbe potuto essere sufficiente recuperarle. Anche se una esigua parte dell’apparato radicale sia stata estirpata e troncata dalla realizzazione di un muretto di confine. Essendo definite pericolose, non è stata prevista la messa a dimora di piante in compensazione.

A Mercatello sul Metauro, al fine di garantire il sentiero di discesa per l’elicottero del 118 in volo notturno, uno degli otto disponibili in regione, sono state abbattute 10 piante della ss. 73 bis ormai adulte ed in buon stato vegetativo.


10 piante di tiglio, ippocastano e platano sono state eliminate, senza alcuna forma di compensazione, pur essendo in buono stato vegetativo, ma dichiarate pericolose per il volo dell’elicottero: una stridente forzatura legislativa.

Il fatto è che nella fascia verso il fiume, sono state tagliati anche diversi esemplari appartenenti all’ex vivaio provinciale, eppure ormai facenti parte del parco cittadino: 15 tigli con un diametro intorno ai 25 cm, ma anche pregiati ciavardelli e cornioli, nonché frassini e diversi sempreverdi. Per questi alberi, la maggior parte protetti dalla regione Marche, non è stata rilasciata alcuna autorizzazione.

Nell’ingresso di Urbania lo scorso anno sono stati abbattuti diversi tigli ed ippocastani che si ergevano di fronte alle case. Questa estate alcuni abitanti, si sono lamentati dell’aumento di temperatura all’interno dei locali. Nonostante il caldo estivo, è mancato l’effetto di mitigazione climatica effettuato dagli alberi adulti, che riescono a ridurre le temperature urbane, anche di 4° C in meno.

E’ pur vero che il verde in Italia è in aumento, in 5 anni, di poco meno del 5% della superficie totale e che l’abbattimento nei nostri paesi montani non si nota, ma la loro qualità è peggiorata e viene aggredita soprattutto nelle aree urbane. Tant’è il Ministero dell’Ambiente ha emanato nel 2017 apposite linee guida, per il mantenimento degli alberi in citta’, dove vengono dati i criteri per una corretta potatura e la gestione del verde urbano.

Diversi sono i comuni che tuttora non hanno adottato il regolamento del verde cittadino, previsto dalla legge regionale sulla forestazione del 2005.

La normativa prevede una lista di alberi protetti, per i quali è necessario sempre chiedere le prescritte autorizzazioni, anche in caso di potature, prima di intervenire, sia per i privati che per gli enti. In caso di necessità è previsto l’abbattimento con apposite compensazioni, cioè la messa a dimora di alberi in sostituzione. Ed è qui che le amministrazioni dovrebbero dare il buon esempio.

Inoltre anche il codice penale può intervenire con la disposizione “distruzione e deturpamento di bellezze naturali”, o per “danneggiamento”, così come la legge sulla caccia vieta la distruzione di nidacei e quindi le potature fuori del periodo stagionale.

Infine sentenze in merito hanno stabilito che le ordinanze di abbattimento per motivi di pericolosità pubblica, devono essere accompagnate da relazioni peritali specifiche, che la accertino e non come successo finora, lasciare al solo sindaco l’ordinanza dell’abbattimento per garantire la sicurezza.

Giuseppe Dini

Coordinatore regionale Guardie WWF

lunedì 28 settembre 2020

ULTIMO ATTO

 

ULTIMO ATTO

Tra gli atti ratificati dall’amministrazione comunale passata, troviamo nella convocazione del Consiglio Comunale, di venerdì 11 settembre 2020, l’approvazione del punto 7) ADOZIONE PIANO DI RIGENERAZIONE URBANA MEDIANTE VARIANTI PARZIALI DI RIEQUILIBRIO DEL TERRITORIO-VAR1-VARIANTE PARZIALE IN Z3.

In sostanza si tratta dell’approvazione del piano proposto dalla Provincia per riequilibrare la trasformazione dell’area sopra la Chiesa di san Sebastiano da agricola a industriale. Questa trasformazione deve però avvenire a impatto “zero”, sostiene la Provincia. Quindi le aree industriali da Ca Maspino non ancora costruite, ripasseranno da industriali ad aree agricole, proprio al fine di pareggiare il conto. Ma al di là di questo meccanismo urbanistico, mi vorrei soffermare sulla possibilità o meno di approvare questo punto.

Il Testo Unico degli Enti Locali è abbastanza chiaro. L’art. 38 riporta:I consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili." Sul cosa si debba intendere con“atti urgenti ed improrogabili”, da poter emanare nei 45 giorni antecedenti le elezioni, la dottrina prevalente ritiene che il Consiglio comunale possa deliberare su: adozione di atti obbligatori dove c’è la necessità di provvedere, nomine di rappresentanti comunali necessari, presso enti, approvazione bilancio e conto consultivo, nonché ratifica di bilancio.

Quindi un atto chiaramente fuori norma! Cosa accadrà adesso? E’ probabile che nasceranno contenziosi presso il TAR da parte dei legittimi proprietari, allungando così l’iter burocratico e lasciando la patata bollente all’amministrazione entrante.

D’altra parte non c’era da aspettarsi granchè da chi non ha ritenuto far partecipare i cittadini alla costruzione del proprio paese, nonostante la questione sia chiaramente stabilita da norme statali ed europee, non ha creduto di applicare la norma gerarchicamente superiore, lo statuto comunale, per i cittadini che chiedevano semplicemente e democraticamente di essere ascoltati. Fra l’altro tra loro, c’è chi ancora ostinatamente sostiene: “Sa avem da fe un referendum per ogni decision...” Non è certamente questo, ma quando i cittadini chiedono di partecipare, si deve accogliere la loro richiesta. 

Ignoranza? Arroganza? Timore di confrontarsi con le persone? Non saprei dire. Certamente sono aspetti che non ripagano e di cui i cittadini, fautori della democrazia della matita, si ricordano al momento di apporre le loro scelte.



mercoledì 22 aprile 2020

La trasparenza ai tempi del Coronavirus

La trasparenza ai tempi del Coronavirus


La trasparenza intesa come diritto fondamentale del cittadino verso una amministrazione, collocata in una casa di vetro, affiancata dall’accesso alle documentazioni da essa prodotte, sta vacillando in questo periodo di pandemia. Paure recesse, di chi vede il cittadino non collaboratore, ma rompiscatole, quindi meglio evitarlo, hanno preso il sopravvento. Nel decreto cosiddetto “cura Italia” del 17 marzo scorso all’art. 67 è prevista la sospensione delle istanze effettuate ai sensi dell’accesso documentale e dell’accesso civico, fino al 31 maggio.
Ci vorrà un comunicato dell’attuale presidente dell’Anticorruzione, Francesco Merloni, per spiegare che l’intervento è riferito però all’attività degli enti impositori, cioè di quelle amministrazioni che si occupano di materia tributaria riferita, alle attività di liquidazione, riscossione, accertamento e contenzioso. Eppure la successiva norma dell’8 aprile detta “decreto liquidità”, afferma anche la sospensione fino alla data del 15 maggio prossimo, a discrezione, della pubblicazione dei documenti e dati previsti dalla norma sulla trasparenza. Di fatto, anche le stesse risposte a richieste di accesso, risultano sospese alla stessa data, così come è sospesa la vigilanza della stessa ANAC.
Ma vediamo meglio queste norme particolari. La trasparenza avviata nel 2013 prevede proprio due articoli per il sistema sanitario; l’articolo 42 indica gli “obblighi di pubblicazione concernenti gli interventi straordinari di emergenza che comportano deroghe alla legislazione vigente”. Quindi provvedimenti di carattere straordinario di emergenze, come quella in corso, per i quali occorre pubblicare provvedimenti, norme derogate, atti effettuati termini temporali, costi degli interventi.
L’art. 40 inoltre, indica la realizzazione negli spazi web delle amministrazioni di una apposita sezione contenente quelle definite informazioni ambientali stabilite dalle direttive UE e recepite con un decreto del 2005. In esso sono stabiliti diversi settori di intervento: lo stato dei diversi elementi, energia, radiazioni, ogm, paesaggio e “lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare”. E’ in questi due articoli che rientra la pubblicazione dei vari bollettini comunali e regionali sul Covid-19 e il loro mantenimento per almeno 5 anni.
Eppure la Regione Marche pubblica i dati riassunti solo per provincia. Nessun comune ha conservato i dati comunicati finora nei propri siti. Se andiamo a vedere il sito dell’Asur Marche non abbiamo documenti in merito; anzi se si va sulla sezione informazione ambientali si legge “informazione non pertinente per l’Asur” come se non ci fossero relazioni tra salute e ambiente. Però tra le news, si da giusta importanza all’attività sportiva per il proprio benessere.
Nel sito dell’Agenzia Sanitaria Regionale, ci sono rimandi ai documenti pubblicati dalla Regione ed a Veterinaria Alimenti.
Eppure ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e del Centro Ricerche Enrico Fermi, chiedono la messa a disposizione dei dati (Il Fatto Quotidiano 19.04.2020)
E’ arrivata questi giorni al Presidente Ceriscioli, così come agli altri presidenti regionali, una richiesta di accesso e pubblicazione, da parte di OnData.it, un gruppo che raccoglie diverse organizzazioni che si occupano di trasparenza, ai dati sui tamponi effettuati distinti in età, sesso, comune, vitalità, per cittadini e sanitari, ovviamente in formato editabile ed aperto, come chiede la norma; “rendere pubblici i dati previene inoltre il rischio che gli stessi diventino merce di scambio e oggetto di vendita a privati interessati.”
Con il prossimo arrivo di risorse finanziare, senza trasparenza il rischio di corruttibilità della Regione Marche, che ha previsto per il triennio 2019-2021 per i settori ambientali, VIA, una percentuale del 49,83%, rischierà di avverarsi.

sabato 21 marzo 2020

Digitale e trasparenza durante il Covid 19

Digitale e trasparenza durante il Covid 19

Mi permetto di intervenire in fatto dell’uso delle tecnologie digitali in questo momento di blocco dovuto alla situazione sanitaria che stiamo vivendo. Il ritiro dei referti emessi dalle Asur ed effettuati per vari esami richiesti deve essere effettuato di persona. C’è chi dall’entroterra deve ritirare un esame a Fano, Urbino, Pesaro ed in questi momenti quello non solo rimarrà in ufficio, ma non potrà essere letto al fine di prendere gli opportuni provvedimenti. Ora Il Codice dell’Amministrazione Digitale chiede di “pretendere” l’uso della posta elettronica. Ciò in questo momento sarebbe oltremodo importante, ma si è costretti o a pagare l’invio con posta ordinaria o effettuare un viaggio apposito: una penalizzazione personale, ma anche ambientale. Un invito per le Asur a non rimanere indietro nell’applicazione del digitale. 

Hai qualche altra situazione da far presente in merito alla trasparenza?
Il Forum provinciale per i beni comuni di PU, ha richiesto nell’agosto 2018 i dati dei progetti in concorso per il megaospedale di Muraglia; ebbene ci è stato differito a fine ottobre 2018, ma tuttora ci devono essere consegnati dall’ufficio regionale.
Il comune di Apecchio a cui è stato richiesto l’accesso ad un progetto, lo comunica prima ai committenti controinteressati, ma proprio il TAR Marche, nel 2014, ha stabilito, che in fatto di materia ediliza, non serve, in quanto il permesso edilizio, prima di essere un fatto privatistico riguarda la trasformazione del territorio e non esiste alcun tipo di riservatezza dei committenti.
Il comune di Sant’Angelo in Vado si è attivato con una serie di ordinanze di divieto di sosta che penalizzano i residenti, i quali non sono stati contattati prima del procedimento che li coinvolge.
Il comune di Fermignano, non ha pubblicato una sua ordinanza del giugno 2018, documenti che devono essere in amministrazione trasparente per 5 anni, riguardante l’inquinamento da Pfas dei pozzi in località Zaccagna. Richiesti i dati all’Arpam di Pesaro, questa scrive al comune, in quanto controinteressato. Ho fatto presente direttamente, la definizione giuridica del termine, cioè sono coloro “che dall’esercizio dell’accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza”. Ora dimmi quali dati sensibili possono avere le pubbliche amministrazioni?

Ma il coinvolgimento dei cittadini è proprio necessario?
Ci sono Suap e comuni che non pubblicano le date delle conferenze dei servizi o anche le loro autorizzazioni. Questo implica che i cittadini interessati, penso ai confinanti, ai dirimpettai, agli espropiandi, ma anche alle associazioni ambientali con fini collettivi, viene negata la possibilità di intervenire. Questi in base alle norme, possono partecipare ai procedimenti, intervenendo o inviando osservazioni, ma se non si pubblicano le date degli incontri, viene a meno proprio questa partecipazione. Bene ha fatto la Regione Marche che pubblica tutte le conferenze dei servizi.

Ci sono delle novità in merito alla trasparenza?
Tre abbastanza importanti. Una da parte dell’Anac che proprio questi giorni, chiede a tutti gli enti pubblici di dichiarare che nel proprio sito, non esistono dei blocchi attivi contro i motori di ricerca; con il gruppo social Trasparenza Siti Web Pubblica Amministrazione, ci siamo mossi in tutta Italia, mettendo in evidenza quegli enti che inibiscono l’attività di ricerca, i cui risultati sono stati poi utilizzati dalla stessa Anac e dalla trasmissione Striscia la Notizia. Da noi ad esempio l’Assam Marche, disallinea proprio l’Amministrazione trasparente ed i curricoli.
L’altra è una legge del dicembre scorso, che obbliga i gestori del servizio idrico alla pubblicazione di tutti i dati dell’acqua, così come era previsto sin dal 2005. Il terzo è il decreto legge del 17 marzo dedicato al covid-19 dove all’art. 67 si sospendono per 2 mesi gli accessi ai documenti, dimostrando ancora una volta, come l’amministrazione tratta proprio questi aspetti.

Questo tuo laboratorio sulla trasparenza cosa sta attivando ora?
Sto chiedendo i dati sulla radioattività raccolti dai vigili del fuoco, ma non pubblicati; mi sono attivato presso ARERA e presso l’ATO Marche nord per inserire nella sezione “Società trasparente” per i gestori, la pubblicazione dei responsabili dei procedimenti, il cittadino non può sempre affidarsi ai call-center. Stessa cosa è stata richiesta all’AGCOM per obbligare i gestori telefonici alla pubblicazione dei contatti, infine chiederò al GSE la produzione di importante impianto eolico. La trasparenza è il primo passaggio per evitare la corruzione. Ti do l’ultimo dato riportato nel piano triennale 2019-2021della Regione Marche: proprio nel settore ambientale la percentuale di corruttibilità dichiarata dall’ente è del 49,83% e questo dice proprio a quali livelli siamo.

domenica 8 marzo 2020

247 firme per poter dialogare.

247 firme per poter dialogare.

Sono state consegnate al Sindaco di Sant’Angelo in Vado 247 firme al fine di indire, una interpellanza popolare, così come prevede lo Statuto Comunale.
Vediamone le vicissitudini. Nel ricostruire la piazza Umberto I°, la cosiddetta piazza del comune, i cui lavori sono iniziati il 22 maggio scorso, l’amministrazione comunale ha trascurato di interpellare i cittadini, non solo nella realizzazione progettuale, ma anche quei cittadini residenti coinvolti successivamente, nelle ordinanze di limitazione della sosta delle auto, essendo la maggior parte privi di autorimesse. Gli stessi commercianti a cui si era ventilato il possibile coinvolgimento e comunicazione nella destinazione dei parcheggi, si sono visti non affatto considerati, con la conseguenza di minor afflusso degli utenti negli esercizi del centro storico.
Ci sono stati approcci con il sindaco incontrato pochi minuti prima di un consiglio comunale, ma a nulla è servito a modificare le decisioni prese. Gli interessati hanno coinvolto anche il Prefetto con una lettera firmata da 30 persone, il quale vista la risposta del Sindaco tendente ad una certa disponibilità, invitava a riprendere approcci con l’autorità comunale. Di fatto le conclusioni sono state categoriche: “Non si cambia niente”, in aperto contrasto con la democrazia partecipativa, che oggi incardina decisamente l’ordinamento legislativo, al fine di proporre idee, suggerimenti e tutele, per chi viene coinvolto nei procedimenti amministrativi.
Unica via per poter discutere di tali aspetti, è rimasta quella dello statuto comunale il quale, proprio ai fini del coinvolgimento, prevede che i cittadini possano richiedere una interpellanza popolare purché firmata da almeno 200 persone.
Ecco che allora i negozianti e abitanti del centro storico si sono impegnati a gennaio e febbraio, in una raccolta di firme conclusa con una manifestazione domenicale “Una firma per parlare” che ha permesso decisamente di superare il numero richiesto arrivando a 247 firme. Queste, come accade per i referendum, sono state autenticate dai consiglieri di minoranza, che hanno richiesto e supportato la manifestazione.
Il fascicolo è stato consegnato in comune e si è in attesa di risposte.