La trasparenza ai tempi del Coronavirus
La trasparenza intesa come diritto fondamentale del cittadino verso
una amministrazione, collocata in una casa di vetro, affiancata
dall’accesso alle documentazioni da essa prodotte, sta vacillando
in questo periodo di pandemia. Paure recesse, di chi vede il
cittadino non collaboratore, ma rompiscatole, quindi meglio
evitarlo, hanno preso il sopravvento. Nel decreto cosiddetto “cura
Italia” del 17 marzo scorso all’art. 67 è prevista la
sospensione delle istanze effettuate ai sensi dell’accesso
documentale e dell’accesso civico, fino al 31 maggio.
Ci vorrà un comunicato dell’attuale presidente
dell’Anticorruzione, Francesco Merloni, per spiegare che
l’intervento è riferito però
all’attività degli enti impositori, cioè
di
quelle amministrazioni che si occupano di materia tributaria
riferita, alle
attività di liquidazione, riscossione, accertamento e contenzioso.
Eppure
la successiva norma dell’8 aprile detta “decreto liquidità”,
afferma anche la sospensione fino
alla data del 15 maggio prossimo,
a
discrezione,
della pubblicazione dei documenti e dati previsti
dalla norma sulla trasparenza. Di
fatto, anche le stesse risposte a richieste di accesso, risultano
sospese alla stessa data, così come è sospesa la vigilanza della
stessa ANAC.
Ma
vediamo meglio queste norme particolari. La trasparenza avviata nel
2013 prevede proprio due articoli per il sistema sanitario;
l’articolo 42 indica gli “obblighi di pubblicazione concernenti
gli interventi straordinari di emergenza che comportano deroghe alla
legislazione vigente”. Quindi provvedimenti di carattere
straordinario di emergenze, come
quella in corso,
per i quali occorre pubblicare provvedimenti, norme derogate, atti
effettuati termini temporali,
costi
degli interventi.
L’art.
40 inoltre, indica la realizzazione negli spazi web delle
amministrazioni di una apposita sezione contenente quelle definite
informazioni ambientali stabilite dalle direttive UE e recepite con
un decreto del 2005. In
esso sono stabiliti diversi settori di intervento: lo stato dei
diversi elementi, energia, radiazioni, ogm, paesaggio e “lo stato
della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione
della catena alimentare”. E’ in questi due articoli che rientra
la pubblicazione dei vari bollettini comunali e regionali sul
Covid-19 e il loro mantenimento per almeno 5 anni.
Eppure
la Regione Marche pubblica i dati riassunti solo per provincia.
Nessun comune ha conservato
i dati comunicati finora nei propri siti. Se andiamo a vedere il sito
dell’Asur Marche non abbiamo documenti
in merito;
anzi se si va sulla sezione informazione ambientali si legge
“informazione
non pertinente per l’Asur” come
se
non ci fossero relazioni tra
salute e ambiente. Però tra le news, si da giusta
importanza all’attività sportiva per il
proprio
benessere.
Nel
sito dell’Agenzia Sanitaria Regionale, ci sono rimandi ai documenti
pubblicati dalla Regione ed a Veterinaria Alimenti.
Eppure
ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e del Centro
Ricerche Enrico Fermi, chiedono
la messa a disposizione dei dati (Il
Fatto Quotidiano 19.04.2020)
E’
arrivata questi giorni al Presidente Ceriscioli, così come agli
altri presidenti regionali, una richiesta di accesso e
pubblicazione, da
parte di OnData.it, un gruppo che raccoglie diverse organizzazioni
che si occupano di trasparenza, ai dati sui tamponi effettuati
distinti in età, sesso, comune, vitalità, per
cittadini e sanitari,
ovviamente in formato editabile ed aperto, come chiede la norma;
“rendere
pubblici i dati previene inoltre il rischio che gli stessi diventino
merce di scambio e oggetto di vendita a privati interessati.”
Con
il prossimo arrivo di risorse finanziare, senza trasparenza il
rischio di corruttibilità della Regione Marche, che ha previsto per
il triennio 2019-2021 per i settori ambientali, VIA, una percentuale
del 49,83%, rischierà di avverarsi.
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