mercoledì 22 aprile 2020

La trasparenza ai tempi del Coronavirus

La trasparenza ai tempi del Coronavirus


La trasparenza intesa come diritto fondamentale del cittadino verso una amministrazione, collocata in una casa di vetro, affiancata dall’accesso alle documentazioni da essa prodotte, sta vacillando in questo periodo di pandemia. Paure recesse, di chi vede il cittadino non collaboratore, ma rompiscatole, quindi meglio evitarlo, hanno preso il sopravvento. Nel decreto cosiddetto “cura Italia” del 17 marzo scorso all’art. 67 è prevista la sospensione delle istanze effettuate ai sensi dell’accesso documentale e dell’accesso civico, fino al 31 maggio.
Ci vorrà un comunicato dell’attuale presidente dell’Anticorruzione, Francesco Merloni, per spiegare che l’intervento è riferito però all’attività degli enti impositori, cioè di quelle amministrazioni che si occupano di materia tributaria riferita, alle attività di liquidazione, riscossione, accertamento e contenzioso. Eppure la successiva norma dell’8 aprile detta “decreto liquidità”, afferma anche la sospensione fino alla data del 15 maggio prossimo, a discrezione, della pubblicazione dei documenti e dati previsti dalla norma sulla trasparenza. Di fatto, anche le stesse risposte a richieste di accesso, risultano sospese alla stessa data, così come è sospesa la vigilanza della stessa ANAC.
Ma vediamo meglio queste norme particolari. La trasparenza avviata nel 2013 prevede proprio due articoli per il sistema sanitario; l’articolo 42 indica gli “obblighi di pubblicazione concernenti gli interventi straordinari di emergenza che comportano deroghe alla legislazione vigente”. Quindi provvedimenti di carattere straordinario di emergenze, come quella in corso, per i quali occorre pubblicare provvedimenti, norme derogate, atti effettuati termini temporali, costi degli interventi.
L’art. 40 inoltre, indica la realizzazione negli spazi web delle amministrazioni di una apposita sezione contenente quelle definite informazioni ambientali stabilite dalle direttive UE e recepite con un decreto del 2005. In esso sono stabiliti diversi settori di intervento: lo stato dei diversi elementi, energia, radiazioni, ogm, paesaggio e “lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare”. E’ in questi due articoli che rientra la pubblicazione dei vari bollettini comunali e regionali sul Covid-19 e il loro mantenimento per almeno 5 anni.
Eppure la Regione Marche pubblica i dati riassunti solo per provincia. Nessun comune ha conservato i dati comunicati finora nei propri siti. Se andiamo a vedere il sito dell’Asur Marche non abbiamo documenti in merito; anzi se si va sulla sezione informazione ambientali si legge “informazione non pertinente per l’Asur” come se non ci fossero relazioni tra salute e ambiente. Però tra le news, si da giusta importanza all’attività sportiva per il proprio benessere.
Nel sito dell’Agenzia Sanitaria Regionale, ci sono rimandi ai documenti pubblicati dalla Regione ed a Veterinaria Alimenti.
Eppure ricercatori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e del Centro Ricerche Enrico Fermi, chiedono la messa a disposizione dei dati (Il Fatto Quotidiano 19.04.2020)
E’ arrivata questi giorni al Presidente Ceriscioli, così come agli altri presidenti regionali, una richiesta di accesso e pubblicazione, da parte di OnData.it, un gruppo che raccoglie diverse organizzazioni che si occupano di trasparenza, ai dati sui tamponi effettuati distinti in età, sesso, comune, vitalità, per cittadini e sanitari, ovviamente in formato editabile ed aperto, come chiede la norma; “rendere pubblici i dati previene inoltre il rischio che gli stessi diventino merce di scambio e oggetto di vendita a privati interessati.”
Con il prossimo arrivo di risorse finanziare, senza trasparenza il rischio di corruttibilità della Regione Marche, che ha previsto per il triennio 2019-2021 per i settori ambientali, VIA, una percentuale del 49,83%, rischierà di avverarsi.

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