Assistiamo
in questi giorni ad un doloroso dibattito sulla questione dei
cinghiali che cresciuti in modo esponenziale stanno creando seri
pericoli alla pubblica incolumità e all’agricoltura per il danno
alle colture che arrecano. Mi permetto di suggerire alcune aspetti
derivanti dalla nostra esperienza maturata all’interno del servizio
ambiente provinciale, nelle operazioni di contenimento della specie
nella riserva naturale statale gola del Furlo come Raggruppamento Gev
Pesaro Urbino.
I
sindaci possono emanare ordinanze, ma le stesse devono essere sempre
motivate da censimenti della specie, dagli episodi che portano
all’utilizzo di tali strumenti, dal numero di soggetti che si
vogliono eradicare, dai giorni effettivi da impiegarsi,
dall’indicazione dei soggetti che debbono partecipare inclusi i
volontari formati, dal possesso della licenza di caccia per tutti
polizie locali comprese.
Andare
a caccia o catturare un cinghiale non è uno scherzo, come operare in
ambito urbano rappresenta una difficoltà enorme per un intreccio di
interessi a favore e contro l’animale che ne derivino dal sentire
comune, molto diverso tra noi e dal pericolo che rappresenta per
l’operatore. Certamente un Sindaco che vede devastare le proprie
strade, crescere gli incidenti e vedere cinghiali scorrazzare nel
centro abitato, deve certamente intervenire. Dapprima occorre
ordinare ai soggetti deputati al controllo di adottare gli opportuni
provvedimenti che già sono insiti nella legge caccia Se il cinghiale
dalla normativa è considerato un animale pericoloso, si deve agire
nel rispetto delle legge venatoria, prima adottando apposite trappole
gestite dagli agricoltori, che si tengono la carne a compensazione
dei danni subiti. Solo successivamente, si possono attuare anche
eventuali azioni di sparo ove possibile (ricordo che la distanza
dalle abitazioni deve essere pari ad una gittata e mezza della
propria carabina, che per diverse si aggira sui 4,5 km) e da soggetti
richiamati tra cui gli agenti della polizia provinciale, municipale,
carabinieri e agricoltori ove insiste il proprio fondo e tutti in
possesso di licenza di caccia. I grandi esclusi dalla legge sono
proprio le guardie volontarie, che non sono citate e non sono state
prese in considerazione, neanche nella attuale proposta di modifica e
sono gli unici ad avere avuto i corsi per farlo. Allora per prima
cosa, bisogna portare solo questa aggiunta nella normativa.
Inoltre
i piani di contenimento devono essere fatti dagli uffici caccia
regionali.
Gli
agricoltori possono essere incaricati della difesa dei loro terreni,
basta autorizzarli; una petizione Copagri, va in tal senso, sono
sufficienti autorizzazioni annuali. Poi visto l’insuccesso di
quanto sopra, entrano in gioco i Sindaci che possono incaricare vari
soggetti tra cui le guardie volontarie munite di licenza che o per
ordine del Sindaco o come ausiliari della polizia locale, possono
effettuare tali operazioni alla pari degli altri. Per fare quanto
sopra bisogna inoltre mettere delle risorse, le trappole,le
munizioni, le licenze da caccia, i corsi, i certificati veterinari, i
centri di sosta delle carcasse, tutti hanno dei costi, le ordinanze
da sole non bastano e ci vogliono anche i cani che hanno solo le
squadre di cacciatori, tenuto conto che il sistema dei guardiacaccia
provinciali è stato demolito.
Inoltre
proverei a vedere se questo animale che chiamiamo cinghiale, sia
ancora geneticamente puro oppure possa essere considerato un semplice
maiale fuggito da casa, che non merita alcuna tutela della legge
sulla caccia, fuorchè quella di animale vivente, eliminare gli
allevamenti abusivi e le reimmissione di specie non autoctona,
scoraggiare il foraggiamento tuttora effettuato, ormai
definitivamente fuorilegge. Inoltre bisogna mettere mano al sistema
caccia, forse nessuno si è accorto che il cinghiale si è
urbanizzato e per quali ragioni? Capire questo comporta riportare
l’animale in ambito montano e riportare anche i cacciatori a fare
questa caccia molto difficile nei tempi e modalità previste dalla
norma, ma appassionante nel suo territorio e forse anche reintrodurre
l'originale specie indigena, più piccola per salvaguardare, anche le
specie vegetali del sottobosco quali funghi e tartufi oggi seriamente
compromesse dalla grande densità della popolazione dei cinghiali e
dalla mancanza di colture a perdere per il sostentamento della
popolazione validamente ecosostenibile. Ci auspichiamo inoltre che
gli uffici prefettizi sentano in merito, anche il parere delle
guardie volontarie, visto che siamo sempre quelli non considerati, ma
validamente costituiti come associazioni di vigilanza pubblica, al
pari delle altre forze di polizia, ma sempre dimenticati nelle
convocazioni e nelle ordinanze contingibili ed urgenti dei sindaci.
Paci
Cesare
Coordinatore
Raggruppamento GEV PU
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