lunedì 10 dicembre 2018

SIAMO TRASPARENTISSIMI

SIAMO TRASPARENTISSIMI
E' ciò quanto ha affermato il nostro governatore regionale al convegno dell'AATO sull'acqua il 23 novembre scorso a Pesaro. Era stato chiesto, alla tavola rotonda con i responsabili della gestione dell'acqua pubblica: “Ma perché tanta riluttanza a pubblicare le analisi dell'acqua potabile?
Le risposte e le considerazioni si possono leggere sul precedente articolo.

Qui è il caso di riflettere su alcuni aspetti.
Con il gruppo si acquisto solidale di Arcevia, che si occupa anche di pesticidi e della loro presenza in acqua potabile, era stato chiesto all'ASUR Marche di poter avere le analisi dell'acqua potabile dei comuni interessati e della pubblicazione delle analisi. Sì, perchè una norma del 2005 sulle “informazioni ambientali” prevede appunto la pubblicazione dei dati ambientali relativi a: aria, atmosfera, acqua, suolo, territorio, ogm, energia, rumore, radiazioni, rifiuti, scarichi, stato della salute, sicurezza umana, paesaggio, siti di interesse culturale. Se pensate che essa sostituisce una identica del 1997, potrete capire il tempo passato sino ad oggi.
Nella risposta avuta dall'Asur Marche il 9 febbraio 2018, si legge: “I rapporti di prova delle acque potabili (analisi), saranno a breve visionabili sul portale internet regionale “VeSA Marche”: www.veterinariaalimenti.marche.it”. A seguito di una mia richiesta di analisi dell'acqua potabile del mio comune, il Dipartimento di Prevenzione dell'Asur Marche Nord , il 26 novembre 2018, mi si risponde: “L'Asur Marche ritiene opportuno realizzare una sezione con le informazioni di su tutto il territorio delle Marche , sul portale Regionale VeSA (Veterinaria e Sicurezza Alimentare al link www.veterinariaalimenti.marche.it. A tal proposito un gruppo di lavoro a livello regionale, sta organizzando un punto di accesso per la consultazione di tutte le analisi effettuate dal 01.01.2018 di tutti i Comuni della Regione Marche. Presumibilmente a partire dal 2019”. Da “a breve visionabile”, a ben 11 mesi di rimando, non è certo solerzia. Eppure la convenzione di Aarhus, recepita in Italia nel 2001, base delle normative sull'accesso e trasparenza, tende ad assicurare una “informazione ambientale” il più possibile diffusa ed efficace, tale da consentire a ciascun cittadino di conoscere, in modo tempestivo e concreto, ogni possibile scelta che incida significativamente sull’ambiente.
Inoltre nella documentazione preparatoria, all'approvazione delle modifiche della direttiva UE sulle acque potabili avvenuta il 23 ottobre scorso, si legge chiaramente per più volte, che per contrastare la diffidenza degli utenti nei confronti dell'acqua potabile pubblica è necessario: “Maggiore trasparenza, anche per i servizi idrici. Grazie a nuove regole di trasparenza”, “La maggior trasparenza sull'approvvigionamento idrico può obbligare i fornitori a migliorare l'efficienza delle risorse”. “Altre azioni in aggiunta, si sono concentrate sul miglioramento della trasparenza e la comparazione della qualità e dei servizi idrici”. “L'aumento della trasparenza è anche una cosa positiva per l'acqua dei fornitori nelle loro relazioni con i loro clienti.” “Un miglior accesso e qualità dell'acqua potabile, oltre ovviamente a requisiti di trasparenza elevati comportano costi aggiuntivi, ma moderati”.
Eppure ancora si devono pubblicare le analisi dell'acqua che beviamo e paghiamo, sia Asur Regionale, sia l'ARPAM che detiene le analisi in una apposita banca dati “Punto focale regionale” assieme a diversi altri dati ambientali ancora nascosti, quali ad esempio gli edifici contenenti amianto, sia ancora diversi Comuni nei quali il sindaco è responsabile della salute, assieme alla sicurezza e protezione civile.
Trasparentissimi? A maggio di quest'anno ho fatto richiesta all'Agenzia Regionale Sanitaria, assieme ad un consigliere comunale di Gradara, di poter avere copia del registro tumori, curato per la Regione dall'Università di Camerino. Mi si risponde che vista la presenza di dati sensibili non può essere dato. Ribatto che la normativa sulla trasparenza prevede l'ostensione, oscurando i dati sensibili. Mi vengono inviati in pdf scannerrizzato. Rispondo che la norma prevede l'invio e la pubblicazione di formati aperti editabili, sui quali il cittadino può intervenire, non una semplice fotocopia. Rispondono sbagliando, che l'invio per e-mail deve essere in formato chiuso. Interventi non aperti alla comunicazione, come invece sostiene la trasparenza, al fine di soddisfare il cittadino nell'accesso ai dati . Tutto questo non è certo trasparenza!

sabato 24 novembre 2018

ACQUA, TRASPARENZA, VIGILANZA

Acquedotti e approvigionamento idrico nella provincia di PU. (Della serie se la cantano e se la suonano!).

Sono stato all'incontro sull'acqua indetto dall'ATO Marche nord (formalmente), sponsorizzato da MMS, caffè iniziale e buffè finale. Il tutto si svolgeva intorno alla egregia attività svolta per evitare di lasciare mezza provincia senza acqua a causa della rottura della diga di San Lazzaro del 2017, quella che serve a fornire soprattutto Pesaro e Fano dato che alimenta il potabilizzatore di Saltara il quale serve le due principali città della provincia.
Valide le relazioni presentate sia dal dott Piccinini della Prot. Civile regionale, del prof. Nanni che ci ha cercato difar capire l'idrogeologia del nostro sistema provinciale e del direttore dell'Ato Ing Ranocchi che ci ha presentato le soluzioni attivate al fine di sistemare il pozzo del Burano, e la realizzazione di due nuovi pozzi profondi di San Lazzaro, 50-100 l/sec e S.Anna, 150/200 l/sec.
A moderare il tutto, la giornalista capo redattore di Mediaset, Claudia Marchionni.
Nella tavola rotonda finale Tiviroli di MMS, presidente regionale Ceriscioli, presidente Ato Tagliolini, ing. Guastadisegni dell'Enel, Reginelli pres. Aset; domande della conduttrice e risposte. Tagliolini aggiunge che all'entroterra non si deve solo prendere, ma anche ridare in servizi , tutti d'accordo anche il governatore.
Poi la domanda della giornalista: “E' possibile ai fini della trasparenza pensare alla bolletta parlante” ed mi son messo a ballare sulla sedia. Sono riuscito a chiedere di voler fare una domanda forzando la giornalista, ho insistito, visto che non capita che sono tutti insieme e che nell'organizzare questi incontri non pensano mai di confrontarsi con i cittadini.
Mi sono presentato per il WWF Marche, di Sant'Angelo in Vado, con la ss. 73 bis ancora chiusa (hanno parlato che consideravano l'entroterra), ho detto: “Il 23 ottobre scorso la UE (1) ha approvato la modifica di alcuni parametri dell'acqua potabile. Nella premessa alle modifiche motivata del 2 febbraio 2018, (2) nel questionario di presentazione (in inglese e francese) si sostiene che la diffidenza dei cittadini verso l'acqua potabile, è in gran parte dovuta alla mancata diffusione dei dati di analisi, nel questionario per ben 5 volte si parla di incremento di trasparenza dei dati, di maggior diffusione, di miglioramento all'acceso delle informazioni relative all'acqua potabile. Mi dite perché voi nonostante, il D.L.vo 195/2005 (3) sulle informazioni ambientali compresa l'acqua ed il recente D. L.vo 33/2013 (4) sulla trasparenza che all'art. 40 lo richiama, siete così riluttanti nella pubblicazione delle analisi dell'acqua potabile. A Pesaro MMS fa 304 analisi giornaliere, eppure nel comune di Pesaro sono tuttora pubblicate quelle del 18 agosto 2018?” “Noi siamo trasparentissimi – Ceriscioli - diamo tutto, anche i documenti per il progetto dell'ospedale (in realtà la consegna è stata differita ed il tempo scaduto, ma ancora siamo senza documentazione) che non si devono dare (altro errore, la legge è così chiara). Giustamente il presidente Aset si è risentito, loro le pubblicano, mentre Tiviroli , silenzio.
Eppure Arpam Regionale e Asur Regionale non pubblicano ancora le analisi delle acque che paghiamo e beviamo!
Analisi un po' riduttiva rispetto ad una programmazione che in 2 anni porterà ad una stabilizzazione nelle situazioni di carenza idrica...” Mi scrive il presidente ATO Tagliolini.
Certamente è stata una riflessione a caldo, buttata lì dopo anni che come ecologista, mi occupo di acqua, sicuramente riduttiva per quanto si è detto; una riunione egregia per le relazioni presentate, ma dato che parliamo d'acqua, pessima in tema di trasparenza e partecipazione del pubblico.
La normativa della diffusione dei dati è del 1997(5), poi rivista nel 2005 riconfermata con quella del 2013 e ancora non si pubblica questo e' riduttivo. Anche l'ATO potrebbe pubblicare. Poi il governatore che dice tutto trasparente, quando l'ASUR regionale attraverso i dipartimenti di prevenzione e l'ARPAM regionale, non pubblicano. Questo è riduttivo!!! Senza poi parlare delle casette dell'Acqua una presa per i fondelli, perchè la gente crede di trovare un'acqua più raffinata e invece trova l'acqua del sindaco come comunque c'è scritto. Se si va a vedere le analisi di quella di Urbino, lì affisse sono del 2016. 

Però risparmiamo la plastica delle bottiglie; se usassimo quella del rubinetto a casa, risparmieremmo non solo plastica, ma anche  carburante e fatiche. Fortuna la UE lo dice chiaramente: la diffidenza dell'acqua potabile è dovuta alla mancata diffusione dei dati. Quindi la responsabilità del ridotto uso di quella del rubinetto è dei gestori e amministrazioni che non pubblicano i dati dell'Acqua potabile!
Mi si chiede “Che dicono del nostro Metauro che anche in inverno è poco più di un torrente? Si continuerà con le captazioni superficiali?
Anche all'incontro si è parlato in maniera evidente di sconvolgimenti climatici. Non si è parlato in specifico del Metauro, se non per gli invasi di s. Lazzaro, Furlo e Tavernelle , da ripulire, per aumentarne l'invasamento. A mio avviso con 11 potabilizzatori nella sola provincia di  Pesaro Urbino, su 13 nelle Marche ci sarebbe la possibilità di allargare le aree sensibili (6), per garantire maggiori restrizioni negli scarichi, vedi Sant'Angelo in Vado, Mercatello, Fermignano, Urbania, quindi avere nel fiume meno carichi inquinanti. Con l'attivazione dei nuovi pozzi profondi di S.Anna e S. Lazzaro ridurranno l'uso di quello di Santara, che serve Fano e Pesaro, ma rimarranno gli altri 10 potabilizzatori.
Per la vigilanza idrica occorre a mio avviso fare le convenzioni con la vigilanza volontaria, che ha un bel numero di guardie, complessivamente alle diverse associazioni presenti nel territorio. Solo in questo modo possiamo incrementare gli interventi nei confronti delle captazioni abusive e nei furti di acqua. Ci stiamo battendo in regione, per avere il 30 % degli introiti dei tesserini funghi e tartufi e con questo copriremmo la benzina per la vigilanza a 360°. Temo che ci sia chi non la vuole, perché, ad esempio, sono stati dati per l'associazione carabinieri volontari 3000 € per l'assistenza all'ingresso e uscita dalle scuole ed alle associazioni di vigilanza volontaria, nonostante le richieste, non è stato risposto dalla Unione Montana. Pensate che ci sono dei privati, che hanno fatto donazioni, pur di avere la vigilanza volontaria nel loro territorio e le amministrazioni ancora non la vogliono!

domenica 18 novembre 2018

Ma se é motivata, è indiscutibile la decisione del sindaco?

Ma se é motivata, è indiscutibile la decisione del sindaco?

Va detto che il Testo unico degli enti locali all'art. 46 comma 4 da la possibilità al sindaco di revocare gli incarichi di assessore. Quindi palesemente è una sua possibilità. Ma è proprio cosi? Vediamo a grandi linee la vicenda che ricavo dalla partecipazione al consiglio comunale. Il sindaco comunica a voce la possibilità di cambiamenti, ma non fa partecipare il vicesindaco alla riunione prevista lo stesso giorno alle 18. Troppa visibilità, forse dovuta alle diverse sostituzioni del sindaco stesso. Nessun ritiro degli incarichi di assessore, dove ha dimostrato impegno e serietà, solo revoca da vicesindaco, incarico assegnato ad altro assessore.
C'è chi sostiene a livello dirigenziale la necessità dell'applicazione dell'avvio del procedimento ai sensi della 241/90 art. 7, ma non tutta la giurisprudenza è d'accordo. Una procedura di realizzazione di una opera pubblica (a caso, una rotonda), prevede obbligatoriamente la partecipazione di tutti i coinvolti, portatori di interessi diretti, confinanti, vicinori, affittuari, portatori di interesse collettivo, che possono poi presentare le loro osservazioni da recepire e verbalizzare al fine del tutto, per arrivare ad una soluzione condivisa e inficiando le decisioni, se tale procedura non viene ufficializzata. Questa è la norma! Ma solo una parte di giurisprudenza ha interpretato la necessità dell'avvio del procedimento, anche perché l'interessato in questo caso, non ha la possibilità di interferire nella decisione, che rimane in capo al sindaco; un'altra parte sostiene proprio che non sia necessaria tale procedura, bensì è necessario nel provvedimento di revoca una appropriata e motivata decisione. Infatti la motivazione viene ritenuta indispensabile dalla giurisprudenza.
Molti casi di revoca coinvolgono la mancanza di fiducia, comportamenti non collaborativi, rapporti con l'opposizione, rapporti interni alla maggioranza, mancanza di operosità e efficienza.
Pare, da quando sentito in consiglio comunale, tutte questi aspetti proprio non ci sono e allora vale l'opportunità di chiedere ancora, le giuste motivazioni.
Una recente sentenza del Consiglio di Stato, sez.V, n. 215 del 19.01.2017, scombussola un poco i decisionisti. Infatti, un assessore, prima consigliere poi dimessosi a seguito della nomina di un altro, ha conseguito quindi l'incarico in giunta. Il consigliere sopraggiunto, seppure di maggioranza, ha creato problemi all'interno del gruppo, tali da far decidere il sindaco al decreto di revoca dell'assessore. Tale decisione del Consiglio di Stato, mette in discussione l'ampio potere decisionale del sindaco in merito, che se fosse effettivo, lascerebbe al sindaco una sorta di prerogativa arbitraria, non sempre opportuna, a svantaggio dei requisiti minimi di stabilità della giunta comunale.
Qualcuno mi ha detto “Eh Peppe, vu spachè el capell!” “Serve per capire, anch se machè adoprn sol la motosega”!

domenica 26 agosto 2018

Coltivare l'alleanza con la Terra

13.a Giornata per la custodia del Creato. "COLTIVARE L'ALLEANZA CON LA TERRA".


Questa 13.a giornata del creato, ha un titolo semplice, ma profondo: “Coltivate l'alleanza con la terra” Questa terra è di Dio e in questo momento, siamo di fronte ad una crisi ecologica che richiede una forte conversione vocazionale, nell'essere custode del creato. Eppure stiamo assistendo ad un saccheggio continuo e alla codardia nella sua difesa.
Abbiamo il dovere coltivare e custodire questo meraviglioso creato, perché anche le future generazioni possano continuare a trarne frutti utili.
La prima giornata del mese di settembre o meglio ancora tutto settembre, è dedicato alla catechesi della natura, alla riscoperta della cura per il creato per riscoprire quella bellezza di cui ogni uomo, in ogni angolo della terra, ha il diritto di godere.
Occorre fare attenzione alla nostra società, per non essere vittime di una alleanza tra consumismo efferato e tecnologia che lasciano ai margini, gli scarti di una economia assassina.
Si suggerisce di recuperare spazi abbandonati, bonificare luoghi inquinati e favorire una rapporto rispettoso con la natura particolarmente tra i giovani e le nuove generazioni.
Anche gli ultimi mesi hanno visto diverse aree del paese sconvolte da eventi meteorologici estremi, che hanno spezzato vite e famiglie, comunità e culture le cui prime vittime sono spesso i poveri e le persone più fragili.
Né il cambiamento climatico è l’unica minaccia legata alla crisi socioambientale: si pensi all’inquinamento diffuso ed ai drammi che talvolta esso porta con sé correlati, ma non rassegnamoci.
Oggi è così evidente il mutamento climatico in atto, da essere attenti a fronteggiare forme di negazionismo antiscientifico. E' altrettanto vero anche come esso sia legato in gran parte a comportamenti umani, che possiamo modificare. Ecco, allora, allo sguardo preoccupato per la devastazione del territorio a seguito del riscaldamento globale, dovremo attivarci per una efficace opera di prevenzione.
Nella Conferenza internazionale COP 24, che si terrà a Katowicze in Polonia nel dicembre 2018 dovrà servire per “ripensare ed approfondire le iniziative contro il mutamento climatico avviate tre anni fa dalla precedente COP 21 svoltasi a Parigi. Sarà importante che l’Italia svolga un ruolo attivo e lungimirante in tale contesto, proponendo impegni realistici ed ambiziosi per l’azione della comunità internazionale. Il criterio sarà quello di un bene comune inteso in prospettiva ampia, ad includere le generazioni future e tutte le creature.”
Avremo anche modo di abbinare così, la promozione di un lavoro dignitoso, con una attenzione forte per l’ambiente, in una prospettiva di cura integrale.
Occorre ritrovare il legame tra la cura dei territori e quella del popolo, anche per orientare a nuovi stili di vita e di consumo responsabile, così come a scelte lungimiranti da parte delle comunità.”
A fronte di diverse iniziative legate alla promozione ambientale da parte di associazioni e diocesi, molte comunità ecclesiali fanno fatica ad attivarsi in tal senso ai fini di una conversione ecologica, per raggiungere la pace interiore:
  • Coinvolgimento attivo dei rappresentanti delle confessioni cristiane presenti nel territorio.
  • Incontri di preghiera, che potranno trovare ispirazione nei temi biblici dell’alleanza e della creazione.
  • Incontri di approfondimento del tema della Giornata da un punto di vista biblico-teologico.
  • Incontri di approfondimento su tematiche specifiche, ad esempio, sulla custodia dei beni comuni ambientali (acqua,energia…) o sul clima.
  • Un momento di festa-celebrazione all’aperto, in qualche luogo significativo caratterizzato semplicemente per la sua bellezza naturale o stimoli momenti di particolare accentuazione del rapporto con la creazione, o la visita a qualche luogo che testimonia di una situazione ecologica particolarmente critica, che incide sulla vita della comunità.
Nel 1990 papa Giovanni Paolo II scrive per la Giornata Mondiale della Pace “Pace con Dio creatore, pace con tutto il creato”, una prima vera catechesi ecologica.
Dopo quasi tre decenni, in effetti, la situazione è forse ancor più complessa e mette in luce in modo persino forte, l'intreccio tra il grido della terra ed il grido dei poveri, che del degrado ambientale, sono spesso, le prime vittime meno responsabili, rispetto a quelli che contribuiscono a loro volta al depauperamento dell’ambiente.
Occorre riscoprire il nostro essere davvero custodi attraverso “un meraviglioso pellegrinaggio, legati dall’amore che Dio ha per ciascuna delle sue creature e che ci unisce anche noi con tenero affetto, al fratello sole, alla sorella luna, al fratello fiume e alla madre terra”.
L’ecologia integrale, invita allora alla speranza, di uno sguardo al futuro che non si lascia sopraffare dalla rassegnazione dinanzi alla difficoltà, ma opera per tessere legami nuovi, tra una vita umana di qualità ed un ambiente come casa abitabile.
L'invito per la chiesa ad impegnarsi nella tutela del creato e più indicativamente oggi nel contrastare i cambiamenti climatici, viene dalla citazione di papa Francesco: il “pastore” non può non occuparsi del benessere “integrale” del popolo, soprattutto dei poveri: spirituale e fisico, presente e futuro, locale e globale.
Il tema dei cambiamenti climatici è esemplare. Il primo “dovere” consiste nell’informarsi e uscire dallo stato di scetticismo che caratterizza spesso il mondo ecclesiastico e non solo. I ghiacciai si ritirano, la temperatura media si alza, aumentano i fenomeni meteorologici estremi (temporali, trombe d’aria, esondazioni, siccità) che inducono grandi sofferenze e insicurezze. L’umanità sta modificando l’assetto biologico e chimico dell’ambiente: deforestazione, inquinamenti, sfruttamento.
A livello politico assistiamo a scelte amministrative devastanti: cementificazioni, disboscamenti, opere inopportune, gestione privatistica ed esclusivamente commerciale dei beni comuni essenziali, come l’acqua. Il collegamento e l’ascolto dei gruppi ambientalisti locali ci può aiutare.
A livello ecclesiale dobbiamo domandarci, ed agire in merito, se la parrocchia, l’oratorio, il convento, l’istituto religioso, ha iniziato una rigorosa conversione alle energie rinnovabili.
A livello personale dobbiamo cercare di modificare i nostri stili di vita: sobrietà, scelta di merci e prodotti sostenibili, rispettosi dei lavoratori e dell'ambiente, finanza etica, dare tempo alla magnificenza ed alla contemplazione.
Dobbiamo anche impegnarci per il lavoro soprattutto per i nostri giovani, “che non sia quello che non risponde alla sete di dignità dell’uomo. Pensiamo alle sofferenze di molte persone: i disoccupati, soprattutto giovani, le vittime sul lavoro, chi subisce la corsa agli armamenti o livelli crescenti di inquinamento, il fenomeno del caporalato, le donne costrette a scegliere tra lavoro e famiglia, i precari...” Attiviamoci per la “formazione di persone motivate a dare impulso alla pastorale sociale e del lavoro. La vita delle comunità non può limitarsi alla catechesi, liturgia, processioni e benedizioni! Deve promuovere un ben-vivere al servizio delle relazioni che sono costitutive per l’uomo: con Dio, con i fratelli, con la creazione e con se stessi.”

Per una lettura più corretta e completa, si rimanda a: https://lavoro.chiesacattolica.it/13a-giornata-nazionale-per-la-custodia-del-creato/


 


giovedì 2 agosto 2018

Parco Catria Nerone Alpe della Luna: sì, no, boh!

 Parco Catria Nerone Alpe della Luna: sì, no, boh!
Questo dito puntato contro, a tutti i costi non mi piace, mi disturba, così come non mi piace affermazione del tipo "qui comandiamo noi"; anche se a dire il vero, le comunità dell'entroterra hanno dato molto; si pensi solo all'acqua, senza avere i giusti servizi. Basta vedere quanto tempo si è sprecato per l'avvio dei lavori sulla ss. 73 bis che collega la valle del Metauro con quella tiberina: un danno all'entroterra, che cozza con le inaugurazioni delle ciclabili costiere. 
Premetto che non amo entrare in diatribe assolutistiche, ma vorrei poter dare una opinione. Ritengo che l'errore più grosso nella auspicabile realizzazione del parco del Catria Nerone Alpe della Luna,  sia stato proprio quello di non aver coinvolto la gente del posto. Da difensore dei portatori di interesse, devo dire che non si fa una proposta di trasformazione territoriale senza coinvolgere i cittadini (1). Il Piano Regolatore Generale delle nostre rispettive cittadine, insegna che, a norma di legge, qualsiasi intervento per una sua modifica, debba essere condiviso con gli abitanti.
Non mi va però, di sentirmi dire "ambientalista di costa" come se ad indicare un doppio spregio: l'essere interessato all'ecologia, alla difesa dell'ambiente e essere abitante delle zone più snob. Vorrei rispondere come ho fatto, in merito alla questione  del pozzo profondo della Val di Meti discussa nel teatro di Apecchio, ad un signore il quale rimproverava proprio "questi ambientalisti di Pesaro e Fano".
Intanto gli ecologisti ci sono anche nell'entroterra; io sono di Sant'Angelo in Vado, ma tanti miei amici ambientalisti sono di Apecchio, Cagli, San Lorenzo in Campo, Fermignano, Carpegna, Urbania, Urbino; ho iniziato la mia attività col WWF fin dal 1979, partecipando alle varie attività proposte, fino ad arrivare a responsabilità regionali nell'associazione.
Si sono dimenticate le mie affermazioni, quando per l'assemblea dell'eolico nello stesso teatro, riportavo che le compensazioni per le en. rinnovabili, non erano ammesse. 
Eppure qualche mese fa la ditta dell'impianto di monte dei Sospiri si è rifiutata, giustamente di erogarle, lasciando il comune senza i previsti introiti ed un paesaggio profondamente marcato dagli aeromotori. 4 impianti eolici erano proposti ad Apecchio oltre quello realizzato. Un altro campo eolico fu proposto sul Paganuccio; molto abbiamo lottato noi ambientalisti, fino ad arrivare ad una riunione pubblica a Cagli, unica realizzata dalla regione in base alla legge sulla Valutazione Impatto Ambientale (2). Ricordo il mio primo intervento da GEV, ad Apecchio per l'acqua del pozzo dell'acquedotto comunale inquinata dalla trielina (3). 
Potrei continuare, ma sosterrei ancora quel dito puntato che proprio non mi piace. Credo che le risorse del nostro entroterra siano proprio quelle che la natura sa offrirci, ma non possiamo ergere muri sostenedo la nostra autonomia; d'altra parte i nostri rifiuti finiscono nelle tre discariche provinciali. Queste bellezze naturali dobbiamo essere capaci di rivalutarle con l'aiuto di tutti, anche quelli della costa, perchè da soli non ci riusciremmo; rivalutarle non svenderle; le dobbiamo apprezzare e cercare di farle apprezzare a chi non le considera o le tratta con superficialita' o solo come profitto. Aggressioni ai nostri boschi come sono avvenute a Bocca Trabaria o al rimboschimento della diocesi ad Apecchio per trasformarlo in pellets, non possono essere ammesse con la velocita' che oggi hanno avuto. Non possiamo svendere i nostri sentieri per motocavalcate (4) che, non rispettano tutto l'iter autorizzativo, i vincoli della sentieristica e alla pari di quanto da me già affermato all'inizio, la compartecipazione anche degli ambientalisti nelle autorizzazioni. In questa idea di parco si vuole mettere insieme le nostre bellezze naturalistiche in un unicum che possa avere un peso diverso anche di fronte a una più ampia comunità.
Ho letto di vincoli, come nelle SIC e ZPS (5), richieste da una normativa europea, dove semplicemente si chiede una valutazione di incidenza che è così banale per ottenerla che anche gli appostamenti fissi di caccia se la procurano. Guardate pure la riserva naturale del Furlo quale limiti ha dato: la chiusura della pista forestale interna tra Acqualagna e Fermignano per qualche mese per evitare disturbo alle aquile lì nidificanti. Già si conoscono i nomi dei presidenti quasi che fossimo preveggenti, con tantissime varianti furture, ma non si conoscono magari le caratteristiche, le particolarità, le bellezze dei luoghi che abitiamo.

domenica 17 giugno 2018

Giornata Trasparenza dell'Asur Marche

Giornata Trasparenza dell'Asur Marche.

Venerdì 15 giugno, c'è stata la giornata per la trasparenza dell'Asur Marche e delle altre Aziende provinciali, collegate in video conferenza tra loro. Area vasta 1 era collegata dalla sala Gialla dell'Asur di Fano.
E' stato subito evidente la scarsa partecipazione dei cittadini. I pochi presenti sono stati soprattutto i dipendenti delle aziende sanitarie.
Un incontro importante perché i cittadini avrebbero potuto interloquire direttamente con i vertici aziendali. Mancanza di rilievo, la responsabile della trasparenza dell'Asur Marche la dott.sa Lucia Cancellieri, perché indisposta.
Sono subito apparsi le complessità delle aziende sanitarie che contano complessivamente 19.000 dipendenti. Interessante l'esordio del direttore amministrativo generale, che citando Filippo Turati , parlamentare del 1908, il quale a proposito della pubblica amministrazione, usava la metafora della “casa di vetro”, ripresa successivamente dalla Commissione Nigro, per la stesura della prima vera legge sull'accesso agli atti, la L. 241/90.
Validi relatori hanno presentato lo sforzo dell'azienda, al fine di essere davvero trasparente.
Due interventi sostanziali da parte dei cittadini. Fabio Amici dell'ACU Marche, da Ancona ha sottolineato come sia stata poco pubblicizzata la giornata, di come sia evidente la mancanza delle associazioni, dei sindacati, dei cittadini. Ha sostenuto la partecipazione dei portatori di interesse alla costruzione della carta dei servizi aziendali, che deve contenere già criteri, disponibilità, accessibilità.
L'altro intervento è stato il mio, come rappresentante del WWF Marche, in quanto esperto a livello provinciale in materia di accesso, partecipazione, trasparenza. 
Ho chiesto, perché i criteri delle liste di attesa sono legati solamente ai codici di precedenza previsti nelle impegnative , U, B, D, P. Per gli altri che non hanno queste diciture come si procede? Se si va oltre i tempi previsti dalle indicazioni nazionali sui 43 esami diagnostici indicati, perché non si danno indicazioni? 
Inoltre ho messo in evidenza come per il cittadino l'accesso ai vari siti Asur regionali e provinciali sia confuso: ci sono i vecchi spazi web Asur,  ancora presenti da eliminare, l'accesso ai nomi e contatti dei dirigenti responsabili è fatto riportando intere delibere. Parlando tra i presenti si è convenuto che il materiale c'è , ma che l'accesso a questa documentazione è difficile per il cittadino. Eppure il codice dell'amministrazione digitale prevede che la documentazione informatica dei siti delle amministrazioni, sia “di facile accesso” per tutti, anche per i diversamente abili.
Inoltre, ho ancora evidenziato come a tutt'oggi pur essendo stata completata a maggio, non sia stata pubblicata la relazione “Profilo salute”. Così come non mi sia stato consegnata copia del registro dei tumori compilato dall'Università di Camerino, richiesto assieme al consigliere comunale di Gradara Angelo Petrella.
Il direttore Asur 1, Tiziano Busca, ha risposto dicendo, che tale prodotto è riservato agli specialisti e scienziati, può essere di difficile comprensione per il cittadino, ma la normativa trasparenza sostiene che i documenti detenuti da una amministrazione o da privati che gestiscono un servizio pubblico, devo essere concessi e nel caso di dati sensibili questi possono essere oscurati.
Un ultimo intervento da me proposto, citando una frase popolare “Grida vendetta”, è la mancata pubblicazione delle analisi delle acque potabili da parte dei Dipartimenti di Prevenzione. Tale pubblicazione era richiesta sin dal 2005 dal decreto 195 sulle informazioni ambientali, la cui stesura iniziale era del 1999. Oggi le informazioni ambientali sono inserite all'interno delle pubblicazioni relative alla trasparenza. Ciò accade nonostante che l'Unione Europea, nella proposta di modifica delle norme sull'acqua potabile, redatta a marzo 2018, metta in evidenza l'eventuale diffidenza per l'uso delle acque pubbliche, proprio dovuta alla mancata pubblicazione dei dati delle analisi.
Una giornata della trasparenza proficua, a detta del direttore amministrativo Asur Marche da ripetere più volte nell'anno.

sabato 16 giugno 2018

La vigilanza ecologica volontaria nella Regione Marche

Ricevo e pubblico. Il dott. Cesare Paci Coordinatore del Raggruppamento GEV PU, scrive una lettera aperta al Dirigente del servizio caccia e pesca della Regione in tema di vigilanza volontaria. Si sostiene giustamente, che non si devono finanziare solo la vigilanza sulla caccia e pesca , ma anche la vigilanza ecologica con la quale la regione Marche la garantisce nei confronti della UE, da cui è richiesta. Ma senza gli opportuni contributi di fatto non la si vuole...

Alcuni volontari del Raggr. Gev PU raccolti presso la Prot. Civile di Fano.

Egr. Dirigente del servizio caccia e pesca della Regione Marche,
da tempo il servizio che Lei dirige, non ha pienamente considerate le attività di vigilanza ambientale, non concedendo contributi per le attività sul territorio e da oltre 10 anni il nostro gruppo lavora solo con le proprie risorse, quando dovreste per legge mettere a disposizione risorse come faceva la tanto vessata Provincia.
In egual modo le Unioni Montane non fanno convenzioni con le associazioni di vigilanza, eppure riscuotono, grazie anche alla nostra opera, cospicui finanziamenti da tasse/sanzioni sui funghi e tartufi, piante, che preferiscono girare a cooperative come più volte denunciato. Solo alcuni comuni virtuosi fanno convenzioni, ma mettono in concorrenza le associazioni sbagliando sul metodo.
Tempo fa con un apposito incontro con il consigliere Biancani, avevamo sostenuto un progetto di finanziamento globale della vigilanza pubblica, oggi vostro onere e ad oggi, salvo sporadici elargizioni senza effetto sul territorio, sono stati dati finanziamenti a caccia e pesca che sembrano trovare una via privilegiata rispetto all'ambiente. Poichè la vigilanza è unica, chiedo che intenzioni ha, per darci risorse immediate visto che era stato annunciato il rientro nel Cras, ma tutto si è spento e non ho sentito altro per i controlli ambientali.
Noi chiediamo che ci siano risorse certe con un programma serio; si è resa conto che è tutto allo sbando, oppure ad Ancona le voci che arrivano sono altre? Chiediamo un apposito incontro dove si possa parlare di questo e poi prospettateci una soluzione.
Noi non abbiamo commissioni ove lo sport preferito sembra essere quello di parlare male degli altri, ovvero una volta ogni tanto ci si incontrava per parlare del territorio, oggi semplicemente siamo abbandonati; voi detenete le nostre risorse per cui la invito caldamente come coordinatore a decidere in merito, tenuto conto che qui a Pesaro il volontariato è l'unico rimasto a controllare il territorio. Esso non viene sostenuto in quanto le risorse disponibili sono frazionate tra vari soggetti, che non gliene frega proprio niente di sostenere la vigilanza PUBBLICA, per cui ritengo che ci voglia un intervento superiore o della Regione o dello Stato, che non sia solo il 5 per mille.
Inoltre si sta dimenticando che la Regione Marche garantisce la vigilanza ambientale richiesta dalla UE, proprio attraverso le Guardie Ecologiche Volontarie, cosa di non poco conto, ma si sa l'Italia e la Regione Marche, sono abituate alle sanzioni europee.
Invio la presente anche al coordinatore WWF e al nostro PR con il quale potrà decidere eventuale incontro positivo.
Un caro saluto nella speranza di incontrarla presto.
Il coordinatore Raggruppamento Gev PU Dott. Paci Cesare
 


mercoledì 30 maggio 2018

Seminario sulle problematiche relative ai danni causati dalla fauna selvatica

Seminario sulle problematiche relative ai danni causati dalla fauna selvatica 
 
Sabato 26 marzo 2018 si è tenuto ad Urbino presso la sala Castellani un seminario di 8 ore “sulla problematica legata alla presenza dei cinghiali: controllo e prevenzione da parte della vigilanza volontaria, prelievo ed impatto sugli ecosistemi”. Promosso dal Raggruppamento Guardie Ecologiche Volontarie di Pesaro Urbino con il finanziamento del Centro Sviluppo Volontariato ha visto ben 5 lezioni districarsi durante tutta la giornata.
Danilo Baldini della Lega Anti Caccia ha presentato i dati della sua associazione molto attenta alla problematica. Quattro le regioni ad alta presenza di cacciatori la Toscana con 5 su km quadrato, la Liguria, l'Umbria e al quarto posto le Marche. Presenza di cinghiali non autoctoni incrociati con il maiale selvatico, molto prolifici, a cui si risponde con un controllo non adeguato alla legge nazionale sulla caccia; nonostante già altre regioni il Veneto, il Friuli e la Liguria abbiano subito l'intervento della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale le leggi regionali anche le Marche si apprestano a varare un piano quinquennale sulla falsa riga delle altre regioni col rischio proprio di vederlo bocciato, perché le associazioni ambientaliste si stanno muovendo per il ricorso. Il parere dell'ISPRA è contrario, né si prendono in considerazione di evitare le braccate nei d'intorni degli agriturismi e strutture ricettive turistiche. Nel sito della LAC , fra l'altro si possono estrarre le modalità di richiesta dei danni per gli agricoltori, le richieste per l'esonero dalla caccia dei propri fondi , compresa l'obiezione di coscienza alla caccia come richiesto dalla UE.
Claudio Nasoni della Copagri ha messo in evidenza come il problema dei danni da animali selvatici in agricoltura sia una situazione tipo far-west. Si è passati dai risarcimenti dalla Regione agli indennizzi dagli ATC. Questa situazione ha permesso una lenta operazione risarcitoria tanto che ci sono agricoltori che devono avere rimborsi di oltre tre anni fa, per cui molti desistono dal richiederli; anche in considerazione che la quantificazione del danno è legato non all'effettivo valore della coltura in atto a solo a mere questioni di proporzionalità, legata agli ettari coltivati o posseduti.
E' intervenuto anche il Sindaco Maurizio Gambini a sottolineare la sua ordinanza di controllo dei cinghiali presentata in Prefettura, a cui poi non è stato dato seguito.
Il dott. Vincenzo Capputo dell'Università Politenca delle Marche ha presentato il progetto Life trota ed i danni all'ambiente per il rilascio di specie non indigene. Una nostra diffida alla Fipsas ed alla regione ha bloccato il rilascio di trote iridee, risolto con la solita soluzione all'italiana, presentare una valutazione di incidenza del rilascio ai fini pescatori nel tratto di fiume interessato. Il fatto è che la competenza in merito di fauna autoctona rimane allo stato e le regioni non possono intervenire in merito, pena la non costituzionalità delle loro decisioni, come è avvenuto per la legge regionale sulla pesca.
Nel pomeriggio il comandante della Polizia Locale di Porto S.Giorgio, Giovanni Paris, della Scuola Regionale di Treja, ha illustrato le competenze della vigilanza volontaria mettendo in evidenza dubbi, sentenze in opposizione, difficoltà di intervento, fede previlegiata della guardia volontaria, rifiuto di generalità, rifiuto identità. Una efficace lezione per le guardie volontarie presenti, illustrate con efficace competenza.
Marco Bonacoscia dell'Hystrix, fautore dei vari piani faunistici provinciali e regionali, anche di recentissima approvazione, ha curato proprio le esigenze venatorie. In particolare: caccia di selezione e controllo selettivo, fauna patrimonio indisponibile dello stato, aree complessive destinate alla caccia densità di venatoria presenza dei cinghiali valutata da appositi osservatori , ma aumentata in fase di interventi effettivi.
Qualche considerazione finale vale la penna aggiungere: il controllo attraverso l'uso dei chiusini dati agli agricoltori. Al Furlo lo scorso hanno sono stati uccisi 46 esemplari in tutto il periodo di selezione del 2016, mentre nel 2008 per due soli mesi con due chiusini sono stati catturati ben 58 capi. Rispetto delle distanze dalle abitazioni e centri abitati: a Saltara ben 4 squadre di cinghialai sono in girata intorno al museo del Balì frequentatissimo durante tutto l'anno da scolaresche e visitatori. Faccio presente che la legge nazionale prevede la distanza per armi non a canna liscia, le carabine, pari ad una gittata e mezzo; tale distanza che ammonta anche a 4,5 km, deve essere rispettata almeno vicino alle zone abitate.
Questa ultima stagione venatoria 2017/2018 ha contato le seguenti vittime: “civili non cacciatori, 34, di cui 24 feriti e 10 morti; cacciatori, 80, di cui 60 feriti e 20 morti. Totale: 84 feriti e 30 morti. Tre i minori rimasti vittime, di cui due feriti ed un morto” ;circa tre volte in più della precedente stagione venatoria
Molte più vittime degli incidenti agricoli, anche a causa di una minore vigilanza dovuta alla soppressione del Corpo Forestale dello stato ed al trasferimento/revisione delle polizie provinciali adibite proprio alla vigilanza ittico venatoria.
Tutti partecipano alle discussioni relative a questa problematica, spesso indette presso la Prefettura, eppure tra i grandi esclusi ci sono le associazioni ambientali e le guardie volontarie. Una maniera, di fatto, per sentire solo una parte, i cacciatori, che sono spesso agricoltori ed appartengono anche ad associazioni ambientaliste proprie, iscritte presso il Ministero dell'Ambiente.


 

In merito al problema dei cinghiali

Ricevo e pubblico In merito alla problema dei cinghiali
 
Assistiamo in questi giorni ad un doloroso dibattito sulla questione dei cinghiali che cresciuti in modo esponenziale stanno creando seri pericoli alla pubblica incolumità e all’agricoltura per il danno alle colture che arrecano. Mi permetto di suggerire alcune aspetti derivanti dalla nostra esperienza maturata all’interno del servizio ambiente provinciale, nelle operazioni di contenimento della specie nella riserva naturale statale gola del Furlo come Raggruppamento Gev Pesaro Urbino.
I sindaci possono emanare ordinanze, ma le stesse devono essere sempre motivate da censimenti della specie, dagli episodi che portano all’utilizzo di tali strumenti, dal numero di soggetti che si vogliono eradicare, dai giorni effettivi da impiegarsi, dall’indicazione dei soggetti che debbono partecipare inclusi i volontari formati, dal possesso della licenza di caccia per tutti polizie locali comprese.
Andare a caccia o catturare un cinghiale non è uno scherzo, come operare in ambito urbano rappresenta una difficoltà enorme per un intreccio di interessi a favore e contro l’animale che ne derivino dal sentire comune, molto diverso tra noi e dal pericolo che rappresenta per l’operatore. Certamente un Sindaco che vede devastare le proprie strade, crescere gli incidenti e vedere cinghiali scorrazzare nel centro abitato, deve certamente intervenire. Dapprima occorre ordinare ai soggetti deputati al controllo di adottare gli opportuni provvedimenti che già sono insiti nella legge caccia Se il cinghiale dalla normativa è considerato un animale pericoloso, si deve agire nel rispetto delle legge venatoria, prima adottando apposite trappole gestite dagli agricoltori, che si tengono la carne a compensazione dei danni subiti. Solo successivamente, si possono attuare anche eventuali azioni di sparo ove possibile (ricordo che la distanza dalle abitazioni deve essere pari ad una gittata e mezza della propria carabina, che per diverse si aggira sui 4,5 km) e da soggetti richiamati tra cui gli agenti della polizia provinciale, municipale, carabinieri e agricoltori ove insiste il proprio fondo e tutti in possesso di licenza di caccia. I grandi esclusi dalla legge sono proprio le guardie volontarie, che non sono citate e non sono state prese in considerazione, neanche nella attuale proposta di modifica e sono gli unici ad avere avuto i corsi per farlo. Allora per prima cosa, bisogna portare solo questa aggiunta nella normativa.
Inoltre i piani di contenimento devono essere fatti dagli uffici caccia regionali.
Gli agricoltori possono essere incaricati della difesa dei loro terreni, basta autorizzarli; una petizione Copagri, va in tal senso, sono sufficienti autorizzazioni annuali. Poi visto l’insuccesso di quanto sopra, entrano in gioco i Sindaci che possono incaricare vari soggetti tra cui le guardie volontarie munite di licenza che o per ordine del Sindaco o come ausiliari della polizia locale, possono effettuare tali operazioni alla pari degli altri. Per fare quanto sopra bisogna inoltre mettere delle risorse, le trappole,le munizioni, le licenze da caccia, i corsi, i certificati veterinari, i centri di sosta delle carcasse, tutti hanno dei costi, le ordinanze da sole non bastano e ci vogliono anche i cani che hanno solo le squadre di cacciatori, tenuto conto che il sistema dei guardiacaccia provinciali è stato demolito.
Inoltre proverei a vedere se questo animale che chiamiamo cinghiale, sia ancora geneticamente puro oppure possa essere considerato un semplice maiale fuggito da casa, che non merita alcuna tutela della legge sulla caccia, fuorchè quella di animale vivente, eliminare gli allevamenti abusivi e le reimmissione di specie non autoctona, scoraggiare il foraggiamento tuttora effettuato, ormai definitivamente fuorilegge. Inoltre bisogna mettere mano al sistema caccia, forse nessuno si è accorto che il cinghiale si è urbanizzato e per quali ragioni? Capire questo comporta riportare l’animale in ambito montano e riportare anche i cacciatori a fare questa caccia molto difficile nei tempi e modalità previste dalla norma, ma appassionante nel suo territorio e forse anche reintrodurre l'originale specie indigena, più piccola per salvaguardare, anche le specie vegetali del sottobosco quali funghi e tartufi oggi seriamente compromesse dalla grande densità della popolazione dei cinghiali e dalla mancanza di colture a perdere per il sostentamento della popolazione validamente ecosostenibile. Ci auspichiamo inoltre che gli uffici prefettizi sentano in merito, anche il parere delle guardie volontarie, visto che siamo sempre quelli non considerati, ma validamente costituiti come associazioni di vigilanza pubblica, al pari delle altre forze di polizia, ma sempre dimenticati nelle convocazioni e nelle ordinanze contingibili ed urgenti dei sindaci. 

Paci Cesare
Coordinatore Raggruppamento GEV PU

REGIME ALIMENTARE

Regime alimentare (da leggere)

Pesca intensiva e allevamenti industriali: le conseguenze delle nostre cattive abitudini a tavola.
Vale la pena dire che questo libro è uscito in lingua originale, già dal 2012.
Ho letto il testo con una piccola vena di distacco, avendo il timore di scivolare verso scelte eccessive e impensabili; mi sono trovato invece una lettura piacevole per niente logorroica, ricca di considerazioni ponderate e dati. Subito mi ha colpito una frase iniziale, di quelle che si mettono in dedica “E' nostro dovere imparare a conoscere gli alimenti di cui ci nutriamo e l'impronta ecologica che essi lasciano sull'ambiente per scegliere quelli più adatti al benessere di tutte le creature”. “Molti dei problemi del nostro pianeta… potrebbero essere eliminati o almeno attenuati attraverso il passaggio semplice ma condiviso a una scelta alimentare vegetariana , di per sé, più salutare ed etica e attraverso il ricorso a sistemi di produzione alimentare più efficienti e rispettosi della natura.” Quindi si passa a parlare di surriscaldamento e depauperamento globale, concetto di risorsa rinnovabile. Fra i gas climalteranti non ci sono solo gli scarichi dei nostri mezzi di trasporto dei nostri riscaldamenti, che danno un aumento di anidride carbonica del 35%, ma anche il metano il cui aumento è del 145% ed è dovuto per il 40% dallo sviluppo dell'industria zootecnica; mentre l'ossido d'azoto, che è 310 volte più nocivo dell'anidride carbonica, al 65% è dovuto agli allevamenti.
Di fatto gli animali non sono carne e noi alleviamo, diamo da bere, da mangiare, uccidiamo e ingeriamo 70 miliardi di animali all'anno, 10 volte la popolazione mondiale. Se un alieno vedesse la terra così com'è, non direbbe che sicuramente la razza umana è preponderante, bensì vedrebbe animali allevati.
Per questo si distruggono foreste strategiche, per far posto alle coltivazioni asservite agli stessi allevamenti, si consumano risorse idriche importanti, come la falda fossile non rinnovata, di Ogallala, nel Nebraska . Il 42% di quest'acqua viene usata per il beveraggio e per il foraggio; 1500 servono per macellare una sola mucca. Senza poi considerare che i settori dell'inquinamento sono i settori della carne, del latte, della pesca. Gli allevamenti contribuiscono al 37% con gli antibiotici, , al 50% % con l'uso di pesticidi, al 55% con l'erosione del suolo dovute alle pratiche agricole.
Il libro contiene una sostenuta mole di dati: sui consumi dell'acqua sulla produzione ittica, sui consumi di carne e derivati quali latticini, con un ampio confronto tra nutrimenti di origine animale e di origine vegetale, senza trascurarne i rischi per la salute. Un intero capitolo è dato all'informazione difettosa, in mano almeno negli Stati Uniti alle potenti lobby della carne. Un terreno delle foreste tropicali abbattute, rende al proprietario 60 dollari ogni mezzo ettaro. Lo stesso terreno tuttavia potrebbe produrre 2400 dollari se venissero raccolti in modo rinnovabile i frutti, i fiori e le erbe medicinali che vi crescono spontanei.
Infine un messaggio attualissimo “Liberatevi dai vincoli culturali e dall'influsso dei media e della pubblicità. Fate la cosa giusta impegnatevi. Siate coerenti con le vostre scelte e andatevene fieri. Mentre il corpo e lo spirito ringrazieranno assieme al pianeta”. Buona lettura!
“Rchard OppenLander è uno scrittore saggista impegnato sui temi dell'alimentazione e della sostenibilità ambientale. I suoi studi e le sue conferenze pubblicate negli Stati Uniti sono stati una fonte importante per Kip Andersen e Leegan Kuhn, gli autori di CowSiracy, l'incredibile documentario che a oggi rappresenta la sfida più forte lanciata al movimento ambientalista”

Richard Oppenlander “Regime alimentare Pesca intensiva e allevamenti industriali: le conseguenze delle nostre cattive abitudini a tavola” Chiare lettere ed. Milano agosto 2017, 16 €

domenica 6 maggio 2018

Politici: a servizio di chi?

Politici: a servizio di chi?
La solita Simona Gabanelli, non più voluta dalla RAI, dalle pagine del Corriere della sera del 1 maggio 2018 rivela l'ennesima “fuffa”.
Due senatori approfittando dell'appisolamento degli altri, inseriscono nella finanziaria del 27 dicembre 2017, un piccolo emendamento, che permette ad una società costituita da poco più di 20 giorni, di poter ricevere ben 3 milioni di euro. Amici, figli e soci ricevono questa regalia, per la promozione del digitale in Italia quando il vero piano informatico italiano non passa perché ha bisogno di almeno 50 milioni di euro. La ditta finanziata ha due partecipazione societarie una si occupa di attività editoriali pubblicitarie del settore turistico, l'altra si occupa di costruzioni di strade autostrade e piste di aeroporti, ben poco attinenti con lo sviluppo digitale. Il ministro Calenda quando si accorge del fatto, seppure imbarazzato, coinvolge la commissione Europea e ben poco ha potuto fare Cantone dell'anticorruzione, dato che questa è di fatto legge e lui si occupa di provvedimenti amministrativi. Leggetevi l'articolo è di fatto esilarante e tragico al tempo stesso.

Capitan Ventosa, di Striscia la notizia questa volta mette in evidenza la mancata trasparenza di alcuni siti di amministrazioni pubbliche.
http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/siti-della-pubblica-amministrazione-poco-trasparenti_35859.shtml. Ebbene nel filmato si mostra proprio come gli spazi web di cittadine importanti, quali Milano e Catania abbiano inserito nel programma istituzionale, un piccolo file, “robots.txt”, tale da evitare l'intervento dei vari motori di ricerca, proprio nella pagina “Amministrazione trasparente”. Tale spazio è ormai d'obbligo per tutte le amministrazioni pubbliche e per tutti i gestori seppure privati, di beni pubblici, come acqua, energia, trasporti, caccia… Se andiamo a leggere il decreto sulla trasparenza all'articolo 9 esprime: “Le amministrazioni non possono disporre filtri o altre soluzioni tecniche, atte ad impedire ai motori di ricerca web di indicizzare ed effettuare ricerche nella sezione “Amministrazione Trasparente”.
Eppure quella che voleva essere un FOIA (Freedom of Information Act in USA) italiano, la legge sulla Trasparenza appunto, sta rivelando non solo la forte opposizione delle amministrazioni, ma molti buchi neri, contro gli stessi cittadini che dovrebbero usarla. L'Agenzia delle Dogane che non pubblica in Gazzetta il concorso come chiede la legge, perché ci sono sentenze contrarie, i dirigenti che devono avere i compensi pubblicati, ora non più perché si è opposto il garante della privacy, difficoltà di ricorrere nei confronti delle amministrazioni statali, in caso di mancate risposte, se non attraverso il TAR, mentre per le altre si ricorre al responsabile trasparenza che spesse volte è lo stesso dirigente a cui hai avviato la richiesta e quindi al difensore civico; ministeri o loro emanazioni nei quali e difficile trovare gli indirizzi PEC giusti e che ancora rispondono con le lettere vedi MIBAC, gestori di beni pubblici che non sono affatto trasparenti sulla attività pubblica; basta vedere in tal senso la nuova proposta di direttiva europea sulle acque potabili, con la quale l'Europa mette in evidenza la scarsa propensione per l'acqua del rubinetto, proprio per la mancata pubblicazione/divulgazione dei dati di analisi.

E nelle Marche? 53 dirigenti della Regione Marche sono sotto indagine da parte della Guardia di Finanza per aver assunto 776 dipendenti senza concorso pubblico o con bandi “fotografia” fatti solo ed esclusivamente per permetterne l'assunzione.
Abuso di atti d'ufficio è l'accusa penale, dal momento che i dirigenti hanno contravvento, nell'assumere il personale, alla norma costituzionale che prevede l’ingresso alle dipendenze della pubblica amministrazione per concorso.
Una indagine di 18 mesi che ha rilevato fra l'altro un possibile danno alle casse eraliali della regione, di oltre 121 milioni di euro. Per questo è stata informata anche la Procura regionale della Corte dei Conti. L'azienda sanitaria regionale in una nota si è dichiarata estranea ai fatti e disposta a collaborare. Dalle prime informazioni sembra che l'indagine riguardi fatti risalenti a 10 anni fa. L'Asur in un suo documento dichiara di essere a disposizione delle autorità inquirenti, per qualsiasi chiarimento necessario.

La Regione Marche il 30 dicembre 2017 assegna alla FIPSAS (Federazione Italiana della Pesca Sportiva ed attività subacquee) 58.000,00 euro per il Progetto sperimentale di monitoraggio e immissione di specie ittiche nelle acque interne della Regione Marcheche prevede un ripopolamento effettuato con popolazioni ittiche non autoctone .
L'art. 18 della legge regionale sulla pesca esprime “Non è consentita l'immissione nei corsi d'acqua di specie o popolazioni non autoctone, con la sola eccezione della carpa erbivora e della trota iridea”. C'era stato nel 2011 un tentativo di modifica per inserire in questo articolo la possibilità di immissione anche di altre specie, ma la corte costituzionale si impone e con una specifica sentenza del 2012 ne ha dichiarato l'incostituzionalità nella parte in cui consentiva l'immissione della trota iridea non autoctona (ribadita per il Fiuli Venezia Giulia nel 2017). Infatti il dispositivo abrogato è in contrasto con l'art 117 della costituzione, in quanto la competenza ambientale è in mano allo stato, sia con la norma europea sulla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche.
Nel frattempo alcune province e università delle Marche e umbre si erano impegnate per il Progetto Life Trota, partito all’inizio del 2014 proprio per tutelare le ultime popolazioni native di trota mediterranea delle Marche. L'assessore ha contattato il ministro dell' ambiente, appellandosi alla tutela delle zone terremotate. Nel marzo 2018 viene emesso un ulteriore decreto che autorizza le gare di pesca previo uno studio, valutazione, in merito ai tratti fluviali e relative attività alieutiche.